19/06/2025
Quando Robin Williams entrava in una stanza, sembrava che la luce cambiasse. Quando Christopher Reeve volava nei cieli come Superman, il mondo credeva che tutto fosse possibile. Ma la loro storia più bella non è quella dei riflettori. È quella che pochi conoscono. Quella che parla di un'amicizia profonda, nata tra i banchi della Juilliard School di New York, molto prima della fama.
Erano giovani, squattrinati e pieni di sogni. Dividevano la stanza, il frigorifero (quasi sempre vuoto) e le risate. Christopher era serio, disciplinato. Robin era caos e genialità. Ma si completavano. E da allora, si scelsero come fratelli.
Poi la vita accadde. Reeve diventò Superman. Williams divenne Mork, poi un’icona. Ognuno prese il volo nella propria direzione. Ma rimasero uniti. Sempre.
Nel 1995, un destino crudele cambiò tutto. Christopher cadde da cavallo durante una gara di equitazione. Rimase paralizzato dal collo in giù. Per mesi, lottò con il dolore, la rabbia, la voglia di arrendersi. Finché, un giorno, mentre era ancora in ospedale, disperato e senza speranza, vide entrare un uomo con un camice da chirurgo russo, parlando con accento assurdo. Era Robin.
Fece il buffone. Gli disse che dovevano operarlo subito per rimuovere un oggetto dal retto. E per la prima volta, dopo giorni, Christopher rise. Pianse. E capì che ce l’avrebbe fatta.
Anni dopo, Reeve raccontò: “Quella risata fu il primo segno che ero ancora vivo. Robin mi salvò la vita quel giorno. E continuò a farlo, ogni volta che veniva a trovarmi.”
Robin Williams non mancò mai di stare accanto all’amico. Lo sostenne moralmente, finanziariamente, emotivamente. Mai davanti alle telecamere, mai per farsi vedere. Solo per amore. “Lui era il mio Superman,” disse Robin una volta. “Io gli prestavo solo un po’ di felicità.”
Quando Christopher Reeve morì nel 2004, Robin fu devastato. Ma continuò a parlare di lui, con rispetto, con gratitudine, con quella malinconia che chi conosce il dolore sa riconoscere.
Oggi, a guardarli indietro, ci accorgiamo che erano due supereroi. Uno volava nei cieli. L’altro nelle anime.
E insieme, hanno mostrato al mondo che l’amicizia vera non ha bisogno di applausi. Solo di esserci. Anche quando tutto crolla. Soprattutto, allora.