04/11/2025
❤️DIARIO APERTO DI MYSTICUM❤️
Le cose che non si sanno. Le parole che restano.
Ci sono momenti in cui il silenzio pesa più delle parole e ci sono parole che nascono solo quando tutto tace.
Quando tutto si è spento, quando le luci si sono abbassate, dopo la stanchezza.
Questo non è un post normale: è una pagina di diario.
Di cuore, di verità, del lato che nessuno vede di Mysticum.
Non è un resoconto, né una giustificazione. È un bisogno.
Quello di raccontare ciò che non si è visto, ma che c’è stato, con forza, dedizione e anche dolore.
Ho sentito di tutto in questi giorni: elogi, critiche, silenzi, battute, giudizi. Alcuni giusti, altri affrettati, altri ancora gratuiti.
E ho capito una cosa: la verità, spesso, non interessa a molti.
Ma io voglio comunque lasciarla scritta, qui.
Mysticum non nasce dal caso.
Nasce da mesi e mesi di lavoro meticoloso, da notti insonni, da un sogno che ho cercato di tradurre in forma concreta e coerente.
Tutto quello che c’era — ogni luce, ogni segnale, ogni dettaglio visivo — è stato pensato, disegnato, montato, fatto a mano.
Nulla era improvvisato.
Nulla era “buttato lì”.
Ho scelto personalmente ogni espositore, ogni performance, ogni elemento visivo.
Ho cercato la qualità, l’autenticità, la coerenza.
E mentre qualcuno rideva del “biglietto d’ingresso”, io lavoravo per garantire serietà, sicurezza e rispetto.
Perché chi entra in un luogo sacro d’anima deve sapere che non è “una sagra”.
È un’esperienza, e un’esperienza — quella vera — ha un valore.
Quando ho deciso di cambiare location, non l'ho fatto da sprovveduta.
L’ho fatto per proteggere, non per comodità.
Chi era con noi l’anno scorso sa che il campo lungo il fiume, a ottobre, diventa melma.
Volevo che, se fosse piovuto (e purtroppo è piovuto), almeno nessuno restasse intrappolato nel fango.
Non era la cornice perfetta, lo so, ma era la più onesta e la più sicura. Per tutti.
E sì, la pioggia è arrivata.
Implacabile, continua, quasi simbolica.
Come se il cielo volesse dire: “vediamo se credi davvero in ciò che fai”.
Ho sorriso, anche con le scarpe zuppe e la voce spezzata, anche con le lacrime nascoste da quel cappellino striminzito che ho cucito a mano, senza nemmeno sapere cucire.
Ma ciò che mi ha fatto più male non è stata la pioggia.
Sono state le cattiverie.
Quelle piccole, subdole, che arrivano da vicino.
Chi ti ignora, chi sparge veleno, chi ti deride o inventa falsità — come quella della “messa nera”, che è un’accusa non solo infondata ma penalmente diffamatoria.
Mysticum non celebra il male: celebra l’arte, la simbologia, la bellezza della diversità spirituale.
Ma è più facile dire “cavolate” che comprendere la ricerca, la cultura, la storia.
E intanto si giudica.
Senza sapere che dietro le quinte ci sono persone — vere — che lavorano, soffrono, rinunciano, si espongono, rischiano sia penalmente che a livello finanziario.
Senza sapere che dietro c’è una persona che ha costruito tutto da sola, e che dopo giorni di sopprusi, si ritrova in pronto soccorso per lo stress.
So che molti hanno pensato che fosse “una cosa piccola”, “una delusione”. Forse lo è stata.
Ma solo per chi è venuto per guardare e non per sentire.
Chi invece si è fermato ad ascoltare, a parlare, a respirare — ha percepito ciò che Mysticum è davvero: un piccolo spazio fuori dal tempo, dove il lavoro umano diventa poesia, dove anche un filo di luce tra le nuvole vale più di mille applausi.
Forse, a chi abita vicino, Mysticum sembrava “troppo diverso”.
E forse per questo, molti non sono venuti.
Eppure, chi è partito da Genova, Venezia, Bologna, e ha fatto centinaia di chilometri per esserci, ha dimostrato che la magia non ha distanza.
A volte il vero “lontano” non si misura in chilometri, ma in sensibilità.
E l’ultimo schiaffo è arrivato quando, alla fine di tutto, è riapparsa la chiave dei camerini — quella che ci è stata nacosta per giorni, quella che ci ha obbligati a chiedere agli artisti di "adattarsi", quella che “nessuno sapeva dov’era”, ma stranaente oggi tutti sanno dov'è.
Piccole cose per chi non le vive, ma coltellate per chi sa quanto costa ogni dettaglio, ogni autorizzazione, ogni minuto di preparazione.
Mysticum non è stato perfetto — perché nulla di vero lo è.
Ma è stato vivo.
È stato quel respiro condiviso sotto il cielo grigio, quelle mani che hanno retto i gazebo, quei sorrisi che non si sono lasciati bagnare dalle problematiche.
È stato il profumo del legno bruciato, la musica che non ha smesso, la luce delle candele che tremava ma non si spegneva.
Ho ripensato agli occhi di chi era lì, a chi ha scelto di restare, a chi ha visto la bellezza nonostante il fango.
E allora ho capito che Mysticum non è solo un evento: è un’esperienza che vive nei ricordi di chi l’ha attraversata.
Non so se Mysticum tornerà. Forse sì, forse no.
Ma se lo farà, sarà ancora coerente, ancora libero dai pregiudizi, ancora pagano.
Sarà a biglietto perché la cultura, l’arte e la magia hanno un valore.
E chi ci sarà, saprà perché.
Perché la cultura non deve chiedere scusa per esistere.
E perché il rispetto — quello vero — non è mai scontato.
Non scrivo per far pena.
Scrivo per ricordare che dietro un evento c’è un’anima viva, non un logo.
Un’anima che costruisce, che cade, che si rialza, che crede ancora nella bellezza anche quando intorno sente solo rumore.
E a chi ha parlato senza sapere, a chi ha giudicato senza chiedere, a chi ha riso o taciuto, lascio una domanda gentile ma scomoda:
“Quando avete smesso di vedere con il cuore?”
Perché io, nonostante tutto, continuo a farlo.
E continuerò, finché ci sarà anche solo una persona capace di capire che la magia — quella vera — nasce sempre dal sacrificio.
Per questo scrivo qui, con il cuore quieto e le mani ancora stanche, con le unghie spezzate, per chiedervi una cosa semplice e vera:
se c’eravate, se avete sentito anche solo per un istante quella magia che non si spiega ma si riconosce, lasciate qui una vostra parola.
Non una recensione, non un voto, ma un pensiero.
Un frammento di luce.
Un ricordo che scaldi.
Perché le critiche, le ombre e le incomprensioni hanno già fatto il loro corso.
Ora è il tempo della verità più dolce: quella che nasce dai ricordi belli, da ciò che ha lasciato un segno buono dentro di noi.
Scrivetelo come vi viene, anche una sola frase, come queste foto dolcissime che vi allego.
Le vostre parole saranno parte di qualcosa che resterà.
Perché i festival si smontano, le tende si piegano, i palchi si spengono — ma la gratitudine, la bellezza e la memoria delle cose sincere… quella non si dissolve.
E se chiuderete gli occhi, forse la sentirete ancora:
quella musica che tornava dopo la pioggia, quella luce che nonostante tutto ha continuato a brillare, quella magia che (anche se ostacolata) timida imida si è palesata.
Grazie a chi ha creduto, a chi ha compreso, a chi ha amato questo progetto.
“La magia esiste solo dove qualcuno ha il coraggio di crederci."
Ed io ci ho creduto e continuerò a crederci, fino in fondo.
Con stima e amore
Angelica Dainese
Presidente Radice Ritorta Associazione Culturale