
23/08/2025
Cosa resta se provano a toglierci anche la fame?
Riscrivere storie all’interno di spazi dimenticati, non luoghi, aree dimenticate non conviene.
Non conviene sotto una marea di punti vista. Economico, energetico, di tempo.
L’unica cosa che ci ha sempre salvato, come collettivo che fa questo da oltre una decade, è la fotta. Quella testa dura che ci ritroviamo e che ci porta sputare sangue e sudore ogni giorno per accorciare il divario che c’è tra sogno e messa a terra del sogno stesso. Abbiamo imparato sulla nostra pelle, guardando chi prima di noi ci ha provato, che dare senso agli spazi, rigenerarli, trasformarli in luoghi abitati e abilitanti ha sempre un impatto sociale, collettivo e individuale, oltre che ambientale e culturale.
Il Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito è uno di quei luoghi a cui guardare e imparare. Il suo sgomberò è una grossa perdita, ma soprattutto è la cartina tornasole di una miopia capitalista che disegna le strategie repressive dei prefetti e degli amministratori di tutte le fazioni politiche. A queste amministrazioni che non tollerano esistenze altre e auto organizzazioni vorremmo semplicemente chiedere: e ora? E ora che Leoncavallo, XM24, CSA Murazzi, la Cavallerizza e tanti tanti tanti altri loghi li avete fatti tornare non luoghi per pochi, cosa rimane? Quale valore aggiunto porta limitare la biodiversità culturale e sociale? Come pensate di compensare quei vuoti aggregativi che con fatica e pazienza ci siamo auto costruiti e che voi state chiudendo?
Da sempre ci affamante togliendo progressivamente spazi di cultura.
Da sempre ci togliete il cibo che ci siamo preparati senza chiedere niente a nessuno.
Adesso provate a toglierci anche la fame.
La sensazione che volete farci provare è quella di soffocamento e rassegnazione rispetto all’ignobile tenaglia speculativa che svuota le nostre città dalla vita oltre il consumo. Far ingrassare sempre i soliti paladini del vuoto, quelli con due facce e senza peccato.
Peccato per voi,
a noi la fame non passa.